Una Sardegna affaticata, che arranca e non riesce a reggere l’urto della crisi economica. Insomma un’Isola ben lontana da quella Sardegna che “torna a sorridere”, slogan elettorale sbandierato da Ugo Cappellacci e dal centrodestra isolano appena due anni fa.
Ma la Sardegna ha ben poco da sorridere e il quadro che emerge dal XVIII Rapporto Crenos – progetto nato in collaborazione tra i due atenei di Cagliari e Sassari – dà, purtroppo, l’immagine di una regione dove gli indicatori economici e sociali, quasi tutti con il segno meno, lasciano poco spazio all’ottimismo da propaganda del presidente della Regione.
Uno dei pochi ambiti ad aver seguito l’invito di Cappellaci e a uscire indenne dalla crisi è l’elefantiaca burocrazia regionale. Il Crenos ha stimato che nel corso del 2010 ogni sardo abbia sborsato 204 euro per sostenere la macchina burocratica regionale. Una spesa che – è sotto gli occhi di tutti – non ha stimolato di certo politiche ed azioni di sviluppo e stride di fatto con l’immobilismo dimostrato in questi due ultimi anni dalla giunta di centrodestra.
A guardare con attenzione i dati il primo elemento che desta preoccupazione è il tasso di disoccupazione che nell’Isola si attesta al 14,1%, superiore alla media nazionale e a quella del Mezzogiorno d’Italia che nell’ultimo anno si è fermato al 13,3%. A rendere ancora più preoccupanti questi dati sono i numeri dei senza lavoro tra i giovani: ben il 39%, quasi un giovane sardo su due. Numeri che in prospettiva rischiano di peggiorare a causa dalla politica di tagli e di mancati investimenti sulla scuola e sul sistema della formazione voluta dal governo Berlusconi.
Se il 2009 e il 2010 sono stati anni critici per la condizione economica e sociale del Paese, in Sardegna appaiano in affanno quasi tutti i settori economici: agricoltura, industria e soprattutto turismo soffrono in modo significativo.
Legler, Vinyls, EuroAllumina, Alcoa e Rockwool sono solo i nomi più celebri dello stallo profondo in cui versa il settore industriale; settore che da anni, ormai, attende da parte del governo nazionale una seria inversione di tendenza che però tarda ad arrivare. Per ora, oltre alla convocazione di interminabili incontri presso il ministero dello Sviluppo Economico, da Palazzo Chigi e dintorni non sembra giungere una risposta concreta e risolutiva che consenta a questo comparto di ripartire.
Ma l’industria non è l’unica nota stonata: ad accusare i colpi della crisi – sempre secondo l’ultimo rapporto Crenos presentato a Cagliari qualche settimana fa – è il settore del turismo: nel 2010 questo comparto ha avuto un calo del flusso di villeggianti di circa il 5%.
La crisi, sottostimata a più riprese dal governo nazionale e dalla giunta regionale, a corto di politiche e azioni efficaci per favorire lo sviluppo, colpisce il reddito dei cittadini sardi sceso del 5,5%, con un inevitabile effetto domino che ha trascinato verso il basso i consumi delle famiglie.
Ma dalla fotografia sullo stato dell’economia isolana scattata dal Crenos emergono aspetti positivi che sembrerebbero prefigurare un cambio di rotta: le donne – categoria che tradizionalmente sente con maggiore fatica il peso della crisi sociale ed economica – sono in media più istruite e hanno saputo sfruttare le opportunità offerte dal settore dei servizi, tra i pochi comparti con il segno positivo che ha trainato l’occupazione femminile, in aumento dopo diversi anni. Dato confortante che avrebbe bisogno di una solida politica di sostegno – rete di asili nido e di altri servizi pubblici per la famiglia – che ancora mancano in diverse realtà dell’Isola.
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