Vi invito a leggere l’intervento di Renato Soru sulla profonda crisi che colpisce l’agricoltura e la pastorizia in Sardegna.
SORU (P.D.). Grazie, signor Presidente, signor Assessore, cari colleghi. Credo anche io che sia molto importante questo dibattito, e va riconosciuto il merito a chi ci ha costretto finalmente a discutere in questo Consiglio regionale di temi così rilevanti, che interessano in maniera così importante non un comparto, come è stato detto, ma l’intera economia regionale. Questo tema è un tema, è stato detto, che ricorre. Ricorre spesso. Quando ho avuto la responsabilità nella passata legislatura, ricorse quasi immediatamente. Mi ricordo, nei primi mesi, ci fu subito l’occupazione. Una manifestazione importante, simile a quella che abbiamo visto in questi mesi presso l’aeroporto di Cagliari. Da allora non ho smesso di occuparmi di questo tema, che mi ha appassionato, come credo tutti noi, che cerchiamo di svolgere con responsabilità questo ruolo. Non la sostituzione dell’agricoltura. Non la sostituzione del comparto ovino e caprino. Ma la possibilità, finalmente, di portarlo nella modernità. In maniera che sia capace di garantire un lavoro meno faticoso e più remunerativo a vaste parti della nostra società, che l’hanno fatto nel passato e che devono continuare a farlo nel futuro. Questo è uno dei temi. E’ il tema dei temi. E’uno dei temi dei temi della politica regionale. Sapere che non ci sarà un futuro della Sardegna senza agricoltura e senza questo comparto che rappresenta la metà dell’agricoltura della Sardegna, non ci sarà un futuro. Quindi abbiamo la necessità di portare, di accompagnare finalmente questo settore nel futuro. E non ci siamo riusciti nonostante abbiamo cercato di farlo in tutti i modi. Il tema della modernizzazione del comparto. Se andiamo a vedere i singoli elementi, un caseificio gestito dai privati di oggi non è uguale a un caseificio di trent’anni fa. Le tecnologie sono arrivate, di tutti i tipi. Da quelle gestionali, contabili, a quelle chimiche, a quelle produttive. Se andiamo a vedere le tecnologie dentro i nostri caseifici cooperativi sono diverse. Se andiamo a vedere le tecnologie dentro un ovile sono totalmente diverse. Un ovile di oggi è una cosa incomparabilmente diversa rispetto a un ovile di trent’anni fa. Ci sono mungitrici. C’è refrigerazione. Ci sono processi legati alla tutela della qualità, della carica batterica e così via. Mentre singoli elementi sono cambiati, purtroppo non è cambiata l’organizzazione, la struttura, il sistema, i metodi. I metodi sono quelli di cent’anni fa. Pochi caseifici che costituiscono un cartello, e lo dico chiaramente. Qualcuno ha ventilato questa cosa. Pochi caseifici che costituiscono un cartello. 17 mila aziende divise. E dentro la divisione qualcuno impera. E’ stato posto il tema della benzina. Un esempio che voglio riprendere. Non è il prezzo della benzina, il prezzo del formaggio che determina il prezzo del petrolio, ovvero il prezzo del latte. Voglio riprendere questo esempio. Non è dal prezzo della benzina che si parte per stabilire il prezzo del petrolio. Ma è esattamente il contrario, con una differenza. Che non c’è il cartello dei raffinatori di benzina, c’è il cartello dei produttori di petrolio. E’ esattamente questa la differenza. Qui c’è un cartello dei raffinatori di benzina, e dicono ai produttori di petrolio a che prezzo sono disposti a ritirare il loro petrolio, e fanno finta di dire: “Guardate, non mi serve, anzi quest’anno non stabilisco neanche un prezzo, non mi serve”, facendo finta che possa esistere una raffineria senza petrolio. Bisogna fare il cartello dei produttori di latte. Bisogna finalmente che si mettano assieme i pastori. Che quelle 17.000 imprese siano una sola cosa quando si tratta di discutere il prezzo del latte. Non lo deve discutere l’Assessore. Lo devono discutere le 17.000 aziende insieme. Questa cosa può essere risolta in maniera diversa, Assessore, in Francia l’hanno risolta col modello Roquefort che è stato citato stamattina. E’ quello che abbiamo cercato di fare, se non fosse che era troppo bello perché potesse funzionare, un sistema civile anche in Sardegna. Che è capace di dire che dal latte fino al formaggio venduto ci dobbiamo stare bene tutti. Non c’è qualcuno che ingrassa alle spese degli altri. Non ci sono imprenditori che guadagnano sempre e produttori di latte che invece devono essere strizzati al ribasso. Lo stesso prezzo deve accontentare tutti. Nonostante siano state poste le firme, è venuto il Presidente nazionale dell’Assolatte per ribaltare quell’accordo in Sardegna. C’è un modo diverso però di arrivare allo stesso scopo. E sono le organizzazioni dei produttori. Per questo si è lavorato alle OP. E per questo avreste dovuto continuare a farlo, e non eventualmente sabotare le OP, anziché migliorarle. Le OP di latte tal quale, così come le OP dei produttori di formaggio. Le OP del latte tal quale dove io credo debba passare ogni litro di latte che viene venduto in Sardegna. Così che finalmente ci sia questo cartello che parli con l’altro cartello, e ci dev’essere un prezzo, altrimenti non lavora nessuno. E l’OP dei produttori di formaggio, affinché non ci sia qualcuno che gira al ribasso e prende per la gola i singoli caseifici e gli dica: “Tu hai questo formaggio”, “no”, “allora ripasso domani”. E va a chiedere 10 centesimi in meno. E poi 10 centesimi. E ogni stop sono altri 10 centesimi in meno. Il cartello, ovvero l’OC, l’organizzazione dei comuni delle diverse OP che si erano attivate in Sardegna, affinché ci sia un unico prezzo quando si parla con qualcuno per vendere il formaggio. E’ semplice. E’ semplice. Ma persino difficilissimo in questa Sardegna divisa e che si deve mettere assieme. Oggi, comunque, c’è un fatto nuovo. Che non c’è tempo di discutere. La globalizzazione peggiore è arrivata in modo nuovo anche in Sardegna e in questo comparto. Laddove ci sono degli industriali che hanno la responsabilità della gestione del Consorzio di tutela del pecorino romano. Poi prendono l’aereo e in Romania fanno esattamente il contrario di quello che dovrebbero fare. Prendono a pedate il lavoro che fanno a Macomer e fanno concorrenza sleale dalla Romania, ai prodotti che dovrebbero tutelare in Sardegna. E allora non è da queste organizzazioni che dobbiamo partire. Non è dal consorzio latte che dobbiamo partire. Dobbiamo partire da chi sta in campagna. Da quei 17.000. Nello OP del latte tal quale. Nello OP della produzione. E li dobbiamo organizzare, non col consorzio latte. Lo lasci perdere. Ma con le OC, con loro stessi che si mettono d’accordo. E ancora. Qui siamo in Consiglio regionale, non siamo in Giunta, non possiamo entrare nel dettaglio delle cose: “Cosa fa lei, 5 euro, 10 euro, 15…”.non è qui. Qui dobbiamo tracciare in maniera chiara cosa vogliamo fare. Ed è quello che ho cercato di dirvi, e per aiutarvi, per incentivare finalmente queste divisioni a diventare un tutt’uno. Troviamo il modo di utilizzare l’opportunità di oggi. Oggi questo mondo ha bisogno di aiuto. Subito. Senza troppe discussioni. Ha bisogno di aiuto. L’aiuto, sia chiaro, ai produttori, alle aziende agricole, non all’industria, non ai trasformatori, l’aiuto deve andare direttamente lì, a chi sta in campagna, a chi produce il latte. Legherei questo aiuto, quest’incentivo, anzi, più che un aiuto un incentivo, a fare in modo che tutti partecipino alle OP. A fare in modo che finalmente tutto il latte sia organizzato dentro una OP o 2 OP, come sono in questo momento. E ci sia un unico punto di discussione. E sia un punto di discussione forte finalmente. Unito finalmente. Il cartello dei produttori finalmente. Capace di parlare con il cartello dei trasformatori. Termino con questa notizia. Questa notizia nuova mi dice una cosa della spola Macomer-Romania. Mi dice che qui si vuole portare la peggiore globalizzazione. Cioè diminuiamo la quantità di latte, andiamo a farlo in Romania! O peggio trasformiamo i pastori sardi in pastori rumeni! Trasformiamo i lavoratori delle campagne sarde in lavoratori rumeni, con quella qualità di diritti, con quella qualità di redditi! Ma noi vogliamo fare esattamente il contrario. Grazie. 13 settembre 2010
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